PROLOGO: Pianeta di Rammatpolen, Crocevia Dimensionale AY-2211

 

La mano scostò la tenda. La camera fu investita dalla luce di due soli. Le stelle, una azzurra e l’altra rossa, erano lontane, e la loro luce combinata non era più intensa di quella di un tramonto terrestre. Ma era ugualmente luce. E su Rammatpolen erano ancora le tre del mattino.

“Che posto del cavolo,” disse a sé stessa la robusta figura umana in piedi davanti alla finestra. “Neanche le stelle ti lasciano dormire tranquillo, come se non bastassero le preoccupazioni.

Rodrigo N.I. Pollard, Capitano del sottomarino strategico Neonautilus, tornò a sedersi sul letto. Si grattò la folta barba nera e sospirò -inutile pensare a tornare a dormire, ormai. Tanto valeva stilare la lista dei membri dell’equipaggio che sarebbero rimasti in questo manicomio, invece di tornare sulla Terra.

“Ecco il guaio di un equipaggio senza legami familiari,” brontolò sempre a sé stesso, mentre indossava la vestaglia. “Alla prima occasione buona, fanno fagotto e amen, chi s’è visto s’è visto. Non avete voglia di restare fedeli alla vostra nave? Che vi venga un bel malanno.

Pollard si sedette alla scrivania -almeno, quegli alieni del cavolo erano stati abbastanza gentili da fornirgli un arredamento secondo le sue esatte istruzioni. Avrebbe preferito essere sul sommergibile, ma gli alieni lo avevano rivoltato come un calzino, e non ci avrebbe rimesso piede finché i suoi uomini non lo avessero controllato a dovere.

Pollard prese carta e penna e iniziò a ripassare i nomi, partendo dai marinai, fino ai membri del ponte di comando -e qui, la lista era desolante: Takeshi Mori, armamenti, era già convinto di rimanere. Milena Grossmonde, sonar, era orientata per restare. Jerome Lawson, biologo, sarebbe rimasto attaccato al culo di ogni bestia esotica di quel mondo; per lui era il Paradiso, punto e basta. Hugh Howards, il pilota e timoniere? Quel figlio e nipote di un avventuriero faceva solo finta di essere indeciso, si vedeva da molto lontano. Era il tipo che avrebbe dato un braccio per partecipare a qualunque impresa li aspettasse su questo mondo. Moriz Serchenko, l’ingegnere, sembrava il solo disposto a non restare un’ora in più del necessario… Ma era anche vero che a lui premeva ilsuo’ sommergibile più di qualunque altra cosa. Se ne voleva andare solo perché temeva per la nave. Gladstone Hawkins, il secondo scienziato al seguito del rinnovato e presto rismantellato Team Godzilla, era anche lui caduto preda del fascino del nuovo mondo; si sarebbe dovuto abbatterlo per convincerlo a tornare a bordo. Alan Parker, comunicazioni, avrebbe obbedito a quanto ordinato dal Capitano; era giovane, ma il suo senso della disciplina era degno di un veterano.

“Per quello che serve…” Era persino inutile scervellarsi: senza un equipaggio decente in plancia, Pollard non poteva mandare avanti il Neonautilus. Ecco il guaio di disporre di un sottomarino ultramoderno convertibile: ci voleva gente troppo specializzata per governarlo! Non si andava avanti a rimpiazzi. “E dire che l’ho chiesto un equipaggio sostitutivo, cavolo! Ma volevano risparmiare, quei pirati!”

 

 

MARVELIT presenta

Episodio 3 - La Notte delle Decisioni

 

 

La porta si aprì, e Pollard entrò nell’hangar. “Dannati pirati, figli di taccagni e collaterali di taccagni…”

Smise di borbottare, alla vista del suo sottomarino -lui preferiva considerarlo tale, anche se poteva fare sfrecciare nel cielo la sua elegante forma a propulsione nucleare.

Pollard spostò lo sguardo verso la gigantesca ‘gabbia’, in realtà un enorme habitat artificiale, che conteneva la ragione della loro presenza su Rammatpolen: Godzilla, ilRe dei Mostri’. Come al solito, il titano rettile non si vedeva.

“Ancora sotto la sabbia, bello?” fece l’uomo con una punta di acido. “Le avessi almeno deposte, queste dannate uova!” L’idea che un simile mostro si stesse preparando a diventare mamma gli metteva a dir poco i brividi. In compenso, questi alieni erano interessati a tenersi ‘zilla, e a lui andava benissimo, anche se, tornato sulla Terra, non sarebbe stato pagato un centesimo dai finanziatori del Team Godzilla II.

Pollard osservò la gabbia-habitat, diede una pacca sullo spesso materiale trasparente.

E sentì che c’era qualcosa che non andava.

Pollard era un vecchio lupo di mare, abituato a contare molto sulle proprie sensazioni. Ed in quel momento, era assolutamente certo che ci fosse qualcosa che non andava.

Diede un’altra pacca al cristallo. “Sei ancora lì, lucertolone?”

Niente. Neanche il familiare brontolio da ‘non disturbare’.

“Diavolo!” Pollard si voltò e corse verso la nave.

Passarono altri tre minuti prima che la sirena dell’allarme si mettesse a suonare.

 

Nel giro di un quarto d’ora dopo l’allarme, l’hangar si era trasformato in un vespaio di attività. Alieni di varie forme stavano scandagliando l’habitat in lungo e in largo, coadiuvati da un piccolo esercito di droni e di robot.

 

“Non c’è molto da dire: voi terrestri siete solo chiacchiere. Degni simili di un perdente come te, Ral Dorn.

La sala tattica del Neonautilus era avvolta da un tetro manto di rabbia mista ad imbarazzo. Il solo a parlare, per ora, era Jolos, il sadico Cavaliere d’Oro del mondo di Venaria.

“Persino la morte di Godzilla sarebbe stata meno disonorevole del farselo rubare sotto il naso.

Ral Dorn, il Dragonlord, non osò ribattere. A poco valeva asserire che ogni misura precauzionale era stata presa, che era stato fatto tutto il possibile per assicurarsi che nessuno tranne i terrestri, lui stesso e gli Hudak potesse avvicinarsi al gigante.

Il pensiero che Pollard potesse entrarci qualcosa aveva attraversato la sua mente, ma quel dubbio era durato il tempo di osservare le registrazioni delle telecamere. I terrestri erano stati attentamente monitorati minuto per minuto, e non avevano fatto nulla di sospetto.

“Con tutto il rispetto, amico,” disse Hugh, alla sua terza sigaretta. “Che cavolo ci fai qui? Non mi pare che la cosa ti riguardi, anzi: non ti va solo bene che ci sia un rivale di meno in giro?”

Il giovane dai capelli color platino si levò in piedi. “Sono qui perché avete bisogno di tutto l’aiuto possibile per recuperare Godzilla.

Cosa?” detto allo stesso tempo da Lawson, Mori e Grossmonde.

Jolos fissò uno ad uno i membri dell’equipaggio. “La vostra creatura ispira potenza e fierezza come poche: devo combatterla al fianco del mio Saghìtar. Che onore ci sarebbe, ad essere vincitore del torneo senza un così degno rivale?”

“La tua offerta è apprezzata, Jolos di Venaria,” disse l’hudak posto al centro del tavolo. Era una creatura simile ad una buffa palla di pelo, dai colori rosati. “Ma non ci sarà di aiuto, se prima non scopriamo chi può avere rapito Godzilla.”

“Mercanti, ovviamente,” disse Hugh Howards, esalando una nuvola di Marlboro. Molte teste si voltarono verso di lui. “Se ho capito bene le regole, ogni drago, anche se non capisco perché credete che ‘zilla lo sia, deve essere accompagnato dal suo dragoniere, senza eccezioni. Perciò, se il nostro bestione si presentasse con un altro tizio, la coppia sarebbe squalificata. Vide Ral Dorn e Jolos assentire. “E se io fossi al posto dei rapitori, piuttosto che ucciderlo, me lo terrei ben vivo per venderlo al migliore offerente, con tutte le uova. Inoltre, mi garantirei un bel capitale con il bestione fertile.

Domanda: voi palle di pelo conoscete chi si accollerebbe l’incarico di rubare un mostro vivo di trentacinque metri e alcune uova da rivendere a qualche collezionista o figlio di buona donna senza scrupoli?”

“Bisognerebbe rivolgersi alla gilda dei ladri, sul pianeta Naplar. Ma non è loro abitudine fornire informazioni ad alcun estraneo alla gilda.

“Vuol dire che glielo chiederemo con le dovute maniere. Giusto, Capitano?”

Pollard considerò la cosa. Da un lato, più lontano spariva quel mostro, più lui si sentiva sicuro che non sarebbe tornato sulla Terra…

Ma se era vero che lo voleva catturare per evitare che degli innocenti soffrissero nelle sue scorribande, poteva permettere che qualche criminale cosmico lo usasse come arma? Non sapeva perché, ma Pollard se lo sentiva nelle ossa che Godzilla non sarebbe finito in qualche zoo privato. Diavolo!

Pollard si alzò in piedi. “Signori, pronti alla partenza. Destinazione: Naplar.

 

Lo schermo grande si accese, mostrando un panorama stellare.

Una stella prese a brillare di una luce intermittente, seguita da un’altra non molto distante -almeno sulla carta. Poi una linea unì i due corpi celesti.

“Dieci anni luce separano Rammatpolen da Naplar,” disse Jolos. “Fortunatamente per la vostra antiquata nave, esistono i Viadotti, o Godzilla farebbe in tempo a morire di vecchiaia.”

Pollard decise per l’ennesima volta che avrebbe preso quel damerino a calci nel suo sedere placcato solo a missione terminata. “Antiquata i miei stivali, mister. Questa nave…”

“Non ha neppure un motore subspaziale. È antiquata.”

 

Nella stiva, Lawson era occupato ad osservare l’ingresso di Saghìtar, il drago di Jolos. “Dio, è bellissimo,” mormorò in tono quasi reverente. Sulla Terra, i draghi genuini, quelli delle leggende, erano, per quanto ne sapeva, praticamente estinti. Il solo di cui avesse conoscenza era solo un mutante, il Drago di Giada della China Force.

Questa creatura non era un mutante. Era vera. Un bestione di una quindicina di metri, dalle scaglie dorate, venate di rosso. Quadrupede, dotato di un paio di spesse ali che, anche ripiegate, erano enormi. La coda era coperta da una cresta di spunzoni. Due paia di corna, e una sorta di ventaglio dietro le guance.

E gli occhi! Lawson ne aveva studiati, di animali. Aveva imparato a riconoscere la scintilla dell’astuzia, dell’intelligenza. E questa creatura non era un bruto, ne era sicuro.

Saghìtar era già bardato. Fissata al fianco della sella c’era una lunga lancia color avorio. Il drago si mosse lungo la stiva, progettata per contenere Godzilla, fino a che decise di sdraiarsi a zampe incrociate, il collo sollevato regalmente. Il suo sguardo sembrò dire a LawsonChe hai da guardare, tu?’

 

Takeshi era quello che si sentiva meno sicuro, in quel contesto. Sicuro, tutti gli armamenti erano a posto e pronti. Gli alieni erano stati abbastanza cortesi da rifornire il Neonautilus di tutto quello che serviva… Ma la nave non aveva mai dovuto affrontare una possibile battaglia spaziale.

In cosa si stavano andando a cacciare?

Signor Mori?” chiese il Capitano.

“Armamenti, OK.”

Scansori?”

Scansori, OK.”

“Motori?”

“Motori, OK,” rispose Serchenko dall’interfono.

Andò avanti così per ancora un minuto. Terminati i controlli, Pollard disse, “Molto bene. Signor Howards, ci porti fuori.

 

“Sì, posso definirmi soddisfatto. Davvero soddisfatto.

Le uova di Godzilla, chiuse ognuna in un contenitore cilindrico, furono trasportate a bordo di una piccola astronave.

La creatura che aveva parlato era umanoide, maschio, dalla pelle rossa come il sangue ed i capelli biondi e lunghi. Indossava una lunga veste bianca, e nella mano stringeva un lungo spadone.

Ed era enorme. Misurava trenta metri. “Avete fatto un buon lavoro, Fratelli Mita.

I tre alieni umanoidi ai piedi del gigante, figure quasi invisibili, delineate dal contorno tremolante dei loro corpi, non dissero nulla. Erano i massimi professionisti del loro campo.

“Il vostro compenso è stato già versato. Se avremo ancora bisogno di voi, vi chiameremo.

I tre Fratelli Mita divennero sagome luminose, e schizzarono in alto. Si unirono nel cielo del desolato planetoide, a formare una piccola stella abbagliante. Quando la luce si fu estinta, i ladri erano scomparsi.

La navetta partì, guidata dal pilota automatico.

Il gigante si voltò, rivelando la sua metà destra, fatta interamente di circuiti e metallo. Salina, angelo della morte, tocca a te. Fai quello che devi, e sii rapida.

Salina, almeno secondo il metro umano, era poco più di una ragazza, una bellezza dalla pelle scura e dai capelli fatti come di luce liquida. Indossava anche lei una veste lunga, ma di un tessuto etereo, luminoso e quasi trasparente.

Al comando del gigante, lei avvicinò una mano sottile e diafana al cranio di Godzilla. Il titano era prigioniero di ceppi di energia che lo inchiodavano per gli arti al suolo. Nonostante fosse incosciente, non si erano voluti correre rischi.

Salina toccò la mente del gigante. Come tante volte aveva fatto, guadagnandosi così l’appellativo di angelo della morte, avrebbe instillato nei pensieri della sua vittima il desiderio di morire, un desiderio così forte da spingere l’organismo ad arrestarsi spontaneamente.

Questo, nella felice ipotesi che la vittima possedesse una mente suscettibile di una simile influenza. Il che, era stato vero fino a quel momento.

Godzilla spalancò un occhio, che brillò di energia. Ringhiò.

E Salina urlò, preda del terribile feedback psichico! Cadde in ginocchio, ansimando, boccheggiando, una mano ad artigliarsi il petto.

“Cosa..?” il gigante non aveva mai visto succedere una cosa del genere. Sapeva dai rapporti delle spie che questa creatura era abbastanza forte da resistere all’influsso di un Dragonlord[i], ma potere rivoltare il potere di una Adrianita contro sé stessa… Hai dimostrato una volta di troppo di non essere controllabile, creatura. Muori! Sollevò il braccio con la frusta e lo calò verso il mostro

Godzilla fletté i muscoli, e liberò di colpo le braccia! Con una mano artigliata, afferrò la frusta, che si avvolse intorno al suo arto.

Energia scorse lungo la frusta, e da lì nel corpo del Re dei Mostri! Godzilla si tese e ruggì di dolore.

“Notevole.” Il gigante era ammirato. “Resisti nonostante tu sia in posizione di netta inferiorità. Sei davvero caparbia  come un terrestre.

Godzilla fece molto più che resistere: sollevò la testa, spalancò la bocca e dalle sue fauci partì una vampata della sua fiamma atomica!

Il gigante ne fu colpito in pieno, e toccò a lui di urlare.

Godzilla prese la frusta con l’altra zampa e la spezzò con uno strattone. Quindi si appoggiò a terra e si diede una spinta verso l’alto, strappando via i rimanenti ceppi.

Il gigante alieno disperse le fiamme con un campo di forza. Tu, ignobile… Come osi colpire un rappresentante della Nobiltà di Garan??

L’occhio artificiale emise un colpo laser.

Godzilla fu colpito in pieno…e non vacillò neppure.

“Impossibile!”

Godzilla non si curava di cosa potesse essere possibile o meno. In quel momento, era solo una macchina di furia vendicativa, per essere stato rapito per l’ennesima volta, per avere perso la sua prole, per essere stato violato ed umiliato! Scattò in avanti. Allo stesso tempo, lanciò una nuova vampata di fuoco atomico.

Il gigante  parò con il campo di forza. Ma, sottovalutando la velocità del suo avversario, non riuscì ad evitare di essere colpito da un potente pugno al plesso solare! Il campo di forza vacillò.

Subito dopo, Godzilla si chinò ad afferrare il suo nemico per le gambe; quindi, si mise a roteare come una trottola due o tre volte, per poi lanciare il gigante come un pupazzo contro il fianco di una collina. Il campo di forza si indebolì, e divenne intermittente.

Godzilla afferrò un enorme spunzone di roccia, e lo spezzò in due. Sollevò la sua metà come una lancia, e la scagliò con tutta la sua forza!

Quello che rimaneva del campo si dissolse. Il gigante fu impalato per il petto, dal lato metallico.

Godzilla si avvicinò per il colpo di grazia.

Ormai il gigante era in preda al panico. Sapeva di non avere scampo, il mostro lo avrebbe annientato!

Godzilla spalancò la bocca. Il fuoco atomico brillò nella sua gola.

Il gigante fece un gesto con il braccio meccanico.

Godzilla scomparve.

 

Lo spazio sembrò esplodere. Poi, dalla fiammata, emerse la figura del Neonautilus.

 

“Bene, terrestri: ecco il pianeta Naplar, sede della Gilda dei Ladri della Galassia di Laguna.

Al centro dello schermo principale, troneggiava la figura di un pianeta avvolto da un fitto strato atmosferico arancione, come una versione molto più grande di Titano. Non c’erano lune naturali, ma un sacco di satelliti artificiali, che andavano dalle dimensioni di un Telestar a quelle di una stazione spaziale. Scintillavano come tanti gioielli.

“Il pianeta è abitato?” chiese il professor Lawson.

Jolos annuì. “L’atmosfera è stata letteralmente rimodellata come la vedete. I ladri di Naplar adorano mantenere bene protetti i loro segreti. Le stazioni spaziali servono per i clienti particolarmente graditi. Gli altri, volenti o nolenti, devono prendere le loro precauzioni per sopravvivere all’ambiente della superficie. E i satelliti, oltre a contenere ogni possibile strumento di scansione, sono armati a sufficienza per annientare una flotta stellare. Alcuni sono armati con bombe antimateria.

E nessuno ha…da ridire?” fece Hawkins, perplesso. “Insomma, così, tutto alla luce del sole?”

Il Cavaliere d’Oro annuì. “E cosa ci sarebbe, da dire? Nel loro settore, i ladri hanno diritto a condurre ogni possibile transazione, e i loro clienti ad essere lasciati in pace. Clienti che, naturalmente, godono del più stretto anonimato. E, sempre naturalmente, se un ladro della Gilda viene catturato durante il suo lavoro, sono affari suoi. La Gilda può ricomprarselo a caro prezzo, ammesso che i detentori dello sventurato accettino il riscatto.”

 “Come le prendono le domande sulle loro attività, questi signori?” chiese Howards.

“Dipende: nonostante quello che si dice dell’’onore fra i ladri’, in molti non esiterebbero a mettere nei guai i loro confratelli, se allo stesso tempo ciò darebbe loro dei benefici e potessero cavarsela senza finire in una guerra fra famiglie. Se siamo fortunati in tale senso, non dovrete pagare molto per una solida informazione. In caso contrario, bisognerà come minimo pagare al Signore della Gilda l’equivalente di un anno di servizio del ladro il cui nome si vuole conoscere. Loro la chiamano ‘polizza assicurativa’, nel caso il ladro dovesse passare un guaio a causa dell’informazione.

“Certi ex dirigenti della DDR che conoscevo farebbero carte false per traslocare qui,” disse la sonarista.

Se ho capito bene, Tchiriko” disse Pollard, “voi Hudak siete alquanto rispettati. O almeno, lo è la vostra Gilda dei Dragonieri. Ci sono speranze che il Signore di Gilda ci riveli tutto in nome della diplomazia? Ammesso che conosca i movimenti di tutti i suoi ladri, s’intende.

“Il Signore di Gilda è sempre al corrente di ogni singolo contratto,” rispose la palla di pelo adagiata sul tavolino pieghevole che il Capitano di solito usava per il caffè. “Non c’è transazione che non sia archiviata nel suo palazzo.

“Quanto alla sua collaborazione, non ne avrete in nome della diplomazia. La Gilda dei Ladri è strettamente neutrale. Potrebbe capitolare solo se disponeste di un potere cosmico sufficiente a distruggere il pianeta.”

“Non credo che siamo così fortunati,” disse Takeshi. “Anzi, credo che una loro bomba di antimateria possa dare a loro il diritto di dirci di smammare.”

“Allora passeremo per la porta posteriore,” disse Alan. “Alieni o no, come tutti i ladri daranno pure qualcosa di cui parlare. E il furto di Godzilla proprio su Rammatpolen sarà ben argomento di due o tre chiacchiere, no? Datemi qualche canale in chiaro, e vedremo se il nostro Echelon di bordo varrà i suoi soldi.

“Proviamo, signor Parker. E già che c’è, imposti il nostro ‘orecchio’ per localizzare qualunque notizia sulla presenza di Godzilla ovunque si trovi. Con un po’ di fortuna, non saremo neppure costretti a rivolgerci alla Gilda. Con molta fortuna! Disse a sé stesso. L’Echelon di bordo non era certo predisposto per i canali subspaziali

 

La grande fiamma esplose in mezzo alle tenebre. In pochi istanti, si trasformò in un volto cornuto demoniaco, dagli occhi neri e una bocca spalancata irta di zanne.

“Hai fallito, Gengur? Come hai potuto?”

Il gigante per metà automa era in ginocchio nel mezzo di un enorme tempio. Le pareti erano occupate da file di immense cariatidi marmoree di creature uscite da un incubo dantesco. Solo lo spazio di una cariatide era vuoto.

Gengur chinò la testa. “Sono stato preso di sorpresa, Grande Ereba. Con mia grande vergogna, ho sottovalutato la resistenza della creatura terrestre. Ma ho le sue uova…”

“Idiota! Hai estratto le uova troppo presto! Il trauma ha ucciso tutti i pulcini, tranne uno.

Mia Signora, io… Questa volta, Gengur toccò il pavimento con la fronte.

“Le condizioni del sopravvissuto sono troppo gravi per potere prevedere se ci sarà utile. Per adesso, occorrerà catturare di nuovo Godzilla, ed assicurarsi che sia in grado di deporre un’altra volta. Gengur, perché hai cambiato la missione cercando di ucciderlo, quando i miei ordini erano di portarlo al mio cospetto?”

Gengur sollevò la testa, verso il grande schermo che troneggiava all’estremità del tempio. Le creature del pianeta Terra sono imprevedibili, pericolose. Ho ritenuto di non dovere correre alcun rischio. Ero convinto che le uova fossero abbastanza resistenti…

“Lascia che sia io a pensare, stolto. Affiderò ad un altro nobile il recupero. Tu riposa e riprenditi dalle tue ferite. Quello che ti è stato fatto dal mostro è punizione sufficiente, per oggi.” Il volto sospeso nello schermo si contrasse e tornò ad essere un semplice fuoco fatuo.

Gengur si alzò in piedi. Con passo fermo, non osando mostrare altra debolezza di fronte ai suoi simili, si avvicinò allo spazio vuoto fra le cariatidi.

Ovunque tu sia, Godzilla, sappi che la caccia è appena iniziata. Tu e la tua prole apparterrete alla nostra stirpe, te lo giuro!

Gengur si mise nel suo spazio e sollevò le mani sopra di sé, fino a toccare la volta. A quel punto, il suo corpo fu avvolto da una luce tremenda, e carne e metallo divennero bianco marmo.

 

Il mondo era l’equivalente di un paradiso. Era vecchio come la Terra, ma qui nessun incidente cosmico aveva fermato l’orologio dell’evoluzione dei dinosauri locali.

 

Nonostante fosse grande il doppio di un uomo, la creatura era giovane. Aveva ancora un aspetto goffo, ma nei suoi occhi brillava un’intelligenza vispa.

La sua pelle era verde, e aveva un accenno di cresta ossea che andava dal cranio fino alla radice della coda. Assomigliava ad un tirannosauro in miniatura, ma dal muso più affilato e con tratti che denotavano la sua versatilità espressiva.

Il rettile spostò i cespugli e giunse al suo lago preferito, dove amava rinfrescarsi e dissetarsi…

Si fermò di colpo, emettendo un verso strozzato. Tale fu il suo stupore, che ricadde comicamente sul sedere, sollevando una piccola nube di polvere.

Si chiese chi fosse quel gigantesco straniero sdraiato nell’acqua, inerte, proprio a poca distanza dalla riva…



[i] Ultimo ep.